Preservare il patrimonio culturale ed enogastronomico della Sardegna attraverso l’allevamento e la produzione di formaggi: visita e degustazione a casa della famiglia Cabigliera&Zidda
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Negli ultimi decenni, la Sardegna ha sperimentato cambiamenti significativi nella sua economia e società. L’urbanizzazione, l’aumento del turismo e l’industrializzazione hanno portato a una trasformazione delle dinamiche rurali e del modo di vita tradizionale. Ciò ha avuto un impatto diretto sul pastoralismo, che ha dovuto adattarsi per sopravvivere in un contesto in continua evoluzione e che, in un certo senso, rischia di calpestare l’identità di un mestiere millenario.
Ci sono persone nella mia isola che hanno scelto di preservare quel passato affinché tradizioni e fatica delle generazioni precedenti non venissero perse. Preservare significa scegliere di non omologarsi: a un mondo che muta costantemente e a una società sempre più veloce. Preservare, al contempo, significa osservare e saper prendere ciò che è utile per il proprio miglioramento: tecnologia nella produzione e nella digitalizzazione.
Sono stata a Ozieri a casa di Agnese Cabigliera e Giacomo Manca, e fra un caffè e dei sospiri (che non sono quelli che ci fa fare il caldo di questi giorni, ma dolcetti di pasta di mandorle tipici del loro paese), mi hanno raccontato l’azienda di famiglia Cabigliera & Zidda e il loro impegno nella produzione di formaggi a latte crudo che premiano la qualità e la territorialità.
Cabigliera & Zidda: una vita dedicata alla natura
Cabigliera…
La sveglia in casa Cabigliera & Zidda suona alle 3.30.
Conosco Giacomo e Agnese da qualche anno e quando mi hanno raccontato questo, già le prime volte che ci vedevamo, sono rimasta colpita interpretandolo, inizialmente, come un grande sacrificio. Quando poi sono stata a casa loro mi sono domandata cosa fosse, in fondo, il sacrificio.
Per perseguire traguardi che onorino i nostri valori, tutti noi facciamo sacrifici che comprendono rinunce e investimenti di risorse come tempo, energia, comfort e opportunità. È una scelta che definisce chi siamo e dove stiamo andando, e che solo con una forte consapevolezza di sé è possibile perseguire. Chi non capisce questi sacrifici è perché pone davanti il pregiudizio e la mancanza di empatia nei confronti di una vita che non è la propria.
Questo è ciò che ho compreso avvicinandomi un po’ di più alla vita di Agnese e Giacomo e dei genitori di lei, la signora Franca e il signor Peppino. Scegliere di fare il pastore è una missione dettata da bisogni e scopi innanzitutto personali, che si definiscono nella perfetta integrazione con la natura e nel non poter fare a meno di viverci a contatto. Il concetto di sacrificio diventa così strettamente personale e soggettivo: per Giacomo, Agnese, Franca e Peppino il sacrificio si definisce nell’ipotesi di allontanarsi da questo.
Agnese Cabigliera e Giacomo Manca: scegliere di essere pastori
Quest’attaccamento alla terra me lo racconta Agnese. Nata nel 1986, ha trascorso il primo anno e mezzo della sua vita a Ozieri, prima di trasferirsi con la sua famiglia in campagna, proprio dove vivono oggi. Da piccola, ha sempre aiutato i genitori nel lavoro di pastori e casari. Mi racconta alcuni episodi di lei bambina sorridendo, mentre tiene tra le braccia suo figlio Francesco di appena un anno.
“Portavo la mia forma in cantina e aiutavo i miei genitori, ero sempre appresso a loro. Pensa che per un periodo tutte le volte che chiedevo loro di comprarmi qualcosa mi rispondevano che non potevano perché dovevano comprare il trattore. Non era vero, me lo dicevano per contenere le mie richieste, ma io questa storia l’avevo presa così a cuore che quando un giorno mio padre ha fatto un acquisto importante e l’ho visto pagare il commerciante, ho messo le manine sui soldi e, arrabbiata, ho guardato mio padre e gli ho detto “No dobbiamo comprare il trattore!”.
Quando è arrivato il momento di scegliere il percorso scolastico, Agnese sapeva di voler studiare agraria. “Io mi sarei fermata al diploma, ma i miei genitori ci tenevano che io continuassi” mi racconta “ e così dopo le superiori ho scelto di trasferirmi a Sassari e proseguire il mio percorso scegliendo, anche qui, l’Università di agraria. Mi piaceva per cui ho proseguito con la specialistica.
Durante il periodo universitario, Agnese sentiva un vuoto che solo la sua casa poteva colmare. Le mancava la terra, il verde, gli animali, il lavoro in campagna. “Sai cos’ha fatto?” mi dice ridendo sua mamma Franca. “Nella sua cameretta di Sassari aveva piazzato la scrivania davanti alla finestra per vedere quel poco di verde che si scorgeva in lontananza”.
Tornare a casa nei fine settimana la rimetteva in sesto. L’aria dei pascoli, il verde, il terreno sotto i suoi piedi, tutto ciò era ciò che la faceva sentire viva, completa, in sintonia con la terra e con la sua stessa essenza.
È durante gli studi universitari che lei e Giacomo si conoscono. Lui, originario di Siniscola, studiava veterinaria. “All’inizio non ci stavamo troppo simpatici” mi dice ridendo “ma avevamo amici in comune per cui capitava di vederci fuori dalle lezioni e qualcosa un giorno è scattato”.
Agnese intanto si laurea e discute la tesi presso il dipartimento di coltivazioni erbacee, dove scopre la possibilità di intraprendere il dottorato. Grazie al sostegno del professor Giunta, che l’ha incoraggiata a seguire questa strada, Agnese ha vinto una borsa di studio e ha dedicato tre anni alla ricerca, svolgendo anche un’esperienza di sei mesi in Florida.
È qui, nel posto più lontano da casa sua in cui fosse mai stata, che capisce quale fosse la sua strada. “Era il 2014 e mi ha scritto una lettera” mi racconta Giacomo. Gli chiedo se non avessero i telefoni. “Sì ci sentivamo anche tramite videochiamate ma ci piaceva scriverci e quel giorno lei lo fece per annunciarmi quello che avrebbe cambiato la sua vita e poi anche la mia. Lei voleva dedicarsi all’azienda e farlo significava scegliere di trascorrere una vita dedita alla natura, agli animali e alla produzione. Questa scelta, ovviamente, avrebbe riguardato anche il nostro rapporto. Una scelta, a quel punto, dovevo prenderla anche io”.
Il concetto di scelta, nel mio lavoro, ultimamente ricorre con maggiore frequenza attraverso le storie che scelgo di raccontare. Se è vero che ogni nostra azione comporta una presa di posizione, è ancor più vero nel momento in cui la Sardegna e i suoi mestieri legati al mondo agropastorale ed enogastronomico si fanno spazio in una scelta che non riguarda solo il proprio lavoro ma anche la propria vita privata. Scegliere di continuare a stare assieme, in quel momento, per Agnese e Giacomo significava anche scegliere di vivere assieme quel lavoro.
Oggi Giacomo e Agnese sono sposati e hanno un figlio. La loro casa e accanto a quella dei genitori di lei, nello stesso appezzamento di terreno in cui negli anni ’80 erano arrivati i genitori di lei per dare vita all’azienda Cabigliera (cognome del papà) & Zidda (cognome della mamma).
Come nasce Cabigliera & Zidda: Franca e Peppino
Il mestiere del pastore Peppino e Franca lo hanno sempre fatto. Entrambe le famiglie avevano capi e terreni. “Ho cominciato a lavorare quando avevo 12 anni” mi dice il signor Peppino “Ricordo che le mie zie mi dicevano che era un brutto lavoro e che dovevo andare a studiare, ma io volevo stare in campagna. Quando il mezzo alla natura ci nasci, la testa non ti dice altro: vuoi stare solo lì perché in qualunque altro posto non stai bene. Con la mia famiglia abbiamo sempre fatto il pecorino romano. I miei zii avevano una cantina di salagione, per cui l’ultima fase la gestivano loro. Al tempo non c’erano disciplinari come oggi: arrivava il commerciante e sceglieva il pecorino che gli piaceva di più, che non era fatto solo di latte di pecora ma anche di capra. Negli anni ’70, quando sono nate le cooperative casearie che ritiravano il latte, gli allevatori hanno pian piano smesso di fare il formaggio per cui anche i miei zii hanno chiuso le loro cantine. Era il 1979 quando abbiamo fatto l’ultimo formaggio”.
La fine di un’era che ne apre però una nuova e ancora attuale: quella dell’azienda Cabigliera & Zidda, che lo vede protagonista dall’inizio degli anni ’80 assieme alla signora Franca e oggi Agnese e Giacomo.
La storia del signor Peppino non è solo un racconto personale, ma anche uno specchio di ciò che era l’aspetto economico e socio-culturale di una Sardegna che si preparava a cambiare per sempre i suoi tratti identitari distintivi che, da decenni, ancora oggi, si trascinano in un tira e molla senza fine tra allevatori e casari attraverso uno strumento di difficile definizione: il prezzo del latte. Le aziende che allora hanno scelto di non produrre più il formaggio e non hanno tramandato l’arte alle generazioni successive si trovano oggi in una posizione di svantaggio rispetto a chi invece ha proseguito il lavoro di casaro.
Un giorno Agnese ha scritto su Facebook queste parole: “Non vergognatevi di insegnare ai vostri figli a gestire gli animali e fare il formaggio. Questi insegnamenti saranno i più preziosi che possiate dare per evitare che le campagne vengano abbandonate”.
Non amo particolarmente l’accostamento dell’aggettivo “sapienti” al sostantivo “mani”, così abusato nel mondo del food writing. Eppure, in questo caso descrive bene la lungimiranza di chi ha protetto, come il signor Peppino, il proprio lavoro e quello di chi è venuto prima di lui difendendo così le proprie radici: oggi è proprio grazie alle sue mani sapienti, e a quelle di sua moglie, sua figlia e suo genero che si prosegue l’arte di produrre pecorini e formaggi vaccini, fra cui la panedda e il greviera di Ozieri, rarissimo formaggio locale.
Il greviera e la panedda di Ozieri: due delle produzioni di Cabigliera & Zidda
Cabigliera & Zidda ha una produzione strettamente territoriale, che vede innanzitutto due tipologie di pecorino (semi stagionato e stagionato) e la ricotta di pecora e mista. La loro ricotta di pecora è una delle migliori che io abbia avuto modo di assaggiare, con un gusto deciso ma non invadente.
La panedda, una peretta di latte vaccino che viene fatta in buona parte della Sardegna ma prende nomi differenti a seconda dell’area. Il signor Peppino è originario di Pattada, dove questo formaggio nacque secoli fa preparato esclusivamente dalle donne. Stagiona circa 20 giorni. Una cosa che in pochi sanno è che viene utilizzato anche per preparare le seadas.
Il cibo tradizionale non è un elemento statico ma in movimento, che muta a seconda delle migrazioni dei popoli nel tempo e degli adattamenti di ricette rispettando territorialità e possibilità economiche. Così, la seada, che nel centro Sardegna nasce come piatto salato con formaggio pecorino, cambia alcune sue caratteristiche di zona in zona e qui la ritroviamo preparata con la panedda.
Un altro formaggio che rientra nella produzione di Cabigliera&Zidda è il greviera, prodotto con latte di vacca di razza sardo bruna. L’origine non è chiara ma pare che, nell’800, alcuni produttori sardi fecero un viaggio in Svizzera innamorandosi del metodo di produzione e degli animali molto produttivi per cui portarono alcuni tori nell’isola per creare degli incroci con la razza sardo modicana. Da qui si sviluppò la razza sardo bruna e cominciarono a produrre con il metodo gruyere, da cui deriva il nome di questo formaggio.
La famiglia Cabigliera&Zidda è una delle pochissime aziende produttrici di questo pregiato formaggio, uno dei formaggi più interessanti della nostra isola.
Degustazioni di formaggio in Sardegna: gli eventi in azienda di Cabigliera & Zidda
Anche nell’estate 2023, come due anni fa, Cabigliera & Zidda torna con gli eventi in azienda per raccontare ai propri clienti il loro lavoro e le loro produzioni in uno spazio immerso nella natura di Ozieri, fra balle di fieno, tavole e panche in legno e un allestimento country chic.
Tutti i formaggi saranno protagonisti delle loro degustazioni, assieme al vino del produttore Mario Bagella di Sorso.
Gli eventi si svolgeranno una volta a settimana e saranno previa prenotazione. Le prime date già previste saranno il 5-7-12-14 luglio e le altre verranno aggiornate nel profilo Instagram di Cabigliera & Zidda.
Lo consiglio perché…
Perché è importante conoscere e acquistare da aziende che rappresentino il territorio, così da preservare e valorizzare il patrimonio enogastronomico e culturale della Sardegna.
Cabigliera & Zidda
Località Santu Juaneddu, Ozieri
Tel: 349 130 2550