Alla scoperta della mortadella di Prato, dell’alchermes e altre specialità tra i migliori indirizzi della città toscana
Prato è una città che negli ultimi anni ha avvicinato un turismo soprattutto interessato all’architettura e al tessile, in un contesto culturale vario che la rende una destinazione d’interesse per gli affari e per chi cerca un luogo per conoscere la Toscana attraverso mete meno bistrattate.
Qui, grazie a Fondazione Toscana, ho potuto tracciare un itinerario gastronomico che comprende tipicità locali ancora poco conosciute sul territorio nazionale, come la mortadella di Prato, ma che già da sola merita una visita per la ricchezza culturale che porta con sé, assieme ad alcune mete che arricchiscono la città rendendola un punto d’interesse per i viaggiatori che ricercano specialità attraverso cui divertirsi.
Il lavoro che la Toscana si è impegnata a fare nel tempo a favore di un turismo che avesse al centro la cultura, in ogni sua forma, è stato così ben strutturato da spingermi nel duemiladodici a scegliere proprio questa regione come meta della mia formazione universitaria con un corso di laurea orientato al turismo. Proprio per questo, non è difficile individuare delle aree in cui esplorare la regione attraverso il mondo dei produttori toscani e sono stata molto felice di essere ospite del convegno di chiusura di BuyFood Toscana, un evento della Regione Toscana e la Camera di Commercio di Firenze, organizzata da Fondazione Toscana e Promo Firenze. Durante il panel -Comunicazione agroalimentare-, ho parlato dell’importanza di portare avanti una comunicazione digitale di valore per promuovere i marchi di qualità.
A seguire, sono partita per un viaggio stampa alla scoperta del pratese e del Mugello, territori meno battuti dal punto di vista gastronomico. Questo è il mio racconto dell’esperienza con alcuni consigli su dove mangiare a Prato.
L’alchermes: il liquore toscano dalle origini antichissime
Non tutti lo sanno, ma questo liquore, il cui nome deriva dall’arabo al-quirmiz, e molto utilizzato in tante ricette dolci italiane, è un prodotto toscano antichissimo che fu portato in Italia dagli spagnoli. Chi lo riprodusse per primo erano i frati della chiesa di Santa Maria Novella. La famiglia Medici ne era così ghiotta che assunse proprio il nome di Liquore dei Medici. Oggi, a seguire la ricetta originale, rimangono solo due produttori: L’Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella a Firenze e l’Opificio Nunquam di Tavola, in provincia di Prato.
Proprio qui sono stata accolta da Fabio e Cristina, i titolari, che mi hanno raccontato come ancora oggi producono in maniera autentica questo liquore la cui particolarità risiede nell’ingrediente che gli regala il colore rosso, ovvero la cocciniglia, un insetto essiccato che vive nei cactus e proveniente dal sud America.
Fabio e Cristina si occupano di tutta la fase di produzione dei loro liquori, dall’acquisto delle botaniche alla macerazione e l’imbottigliamento.
Mortadella di Prato, uno dei presidi Slow Food della Toscana a Indicazione Geografica Protetta
I primi documenti che raccontano della Mortadella di Prato risalgono al 1733 quando, in occasione della beatificazione di suor Caterina de’ Ricci, venne allestito un banchetto in cui compariva proprio questa specialità locale.
Io ho avuto modo di scoprire quella prodotta dal salumificio Mannori, che la produce secondo la ricetta che gli è poi valsa la certificazione igp e il presidio Slow Food. L’ingrediente speciale è l’alchermes, che le regala la colorazione rosa e una tendenza dolce. Utilizzano proprio quello dell’Opificio Nunquanm. ⠀
Viene preparata con la spalla, il capocollo, il guanciale, il lardone e la pancetta del maiale. Le carni vengono macinate e mescolate con il lardone e gli ingredienti che le conferiscono il suo aroma particolare: l’alchermes, innanzitutto, e poi aglio, cannella, noce moscata, coriandolo, chiodi di garofano, pepe nero e sale. Da inserire assolutamente nella lista delle speicalità da mangiare a Prato
Dove mangiare a Prato: ristorante Paca, una stella Michelin. Innovare tenendo le radici ben salde
Paca sta per Palumbo e Catucci, ovvero i cognomi dei due proprietari Niccolò e Lorenzo. In cucina il primo e in sala il secondo, Paca è un progetto gastronomico nato nel 2019 con il chiaro intento di giocare in maniera creativa con le materie prime locali.
Un ambiente elegante ma essenziale, dove fanno capolino fra tavoli e scaffali diversi umarell che osservano curiosi, tanto quanto i commensali, i piatti che arrivano in tavola.
Il menu è un viaggio nell’essenza stessa della cucina toscana, ma con una spinta innovativa che negli anni si è fatta spazio in una città sempre più pronta ad accogliere idee fresche e contemporanee e che gli ha permesso di vedersi assegnare una stella nella Guida MICHELIN 2023. Cominciamo subito con un amuse bouche che comprende un panino cotto al vapore imbottito con mortadella di Prato, seguito da un maritozzo salato con gel di vin santo, mousse di fegatini di pollo e cacao amaro e, infine, una frisella con trota e le sue uova. A seguire, un piatto dove i ceci diventano protagonisti: chips di ceci, gelato alla crema di ceci e aria di ceci.
Continuiamo con un carpaccio di funghi porcini omosizzato con olio, sale e pepe, con muggine di Orbeello e salsa di porcini con olio all’alloro. Il primo piatto è un bottone di trippa, il cui avanzo viene cotto 16 ore a 86° per creare una salsina che lo rendono un piatto avvolgente e gustosissimo. Si prosegue con una lingua con emulsione di burro e colatura di alici. Come la cucina toscana vuole, le frattaglie sono uno degli ingredienti centrali della cucina di Palumbo.
La cena si chiude con una meringa con lemon curd e uno zuccotto, classico dolce toscano ma rivisitato: panna cotta alla ricotta. Gel all’alchermes, riso soffiato al cioccolato e crema fiorentina.
Paca è una lenta passeggiata tra i sapori toscani, inebriata dal vibrante ingegno di chi ha eletto questo luogo come proprio territorio.
Dove dormire: Hotel 500
A pochissimi km da Prato, a Campi Bisenzio, c’è un meraviglioso complesso di ville del rinascimento fiorentino composto da più edifici che un tempo furono case coloniche. Si chiama Hotel 500 ed è un boutique hotel 4 stelle composto da 60 camere.
Camere accoglienti ed eleganti, uno spazio esterno ampio in cui sostare nelle serate più calde e, mia nota del cuore, una ricca e ottima colazione fatta di prodotti che variano da torte, croissant e yogurt servita in una sala in cui regnano legno e mattoni.
Articolo in collaborazione con InToscana