Quattro chiacchiere con Michele Cherchi, esperto conoscitore di formaggi e titolare della Salsamenteria, I Cherchi al Poetto e il box 194 del mercato di San Benedetto
Qualche tempo fa, al mercato di San Benedetto di Cagliari, cuore pulsante della spesa cittadina, ho incontrato Michele Cherchi. Il suo ruolo all’interno del mercato non è circoscrivibile a quello del “semplice” venditore. Michele è un cantastorie di formaggi, capace di trasmettere la passione per questo mondo fatto di latte a chiunque passi davanti al suo banco. Con le sue parole, colme di cultura, affascina e incanta. Lui che, nel suo spazio al mercato (e non solo) in cui si susseguono tantissime forme, ha messo anche tutta la ricerca per il buon mangiare.
Il valore sociale della bottega
I Cherchi hanno una storia imprenditoriale abbastanza recente, ma ricca di tasselli. Nel 1997, una bottega di vicinato a Monserrato era stata messa in vendita. A rilevarla, Michele, al tempo militare in congedo, e suo fratello Fabrizio. La loro avventura nel mondo dell’enogastronomia ebbe inizio durante il pieno boom dei centri commerciali. Vendevano generi alimentari e, in testa, avevano un unico obiettivo: cercare e offrire l’eccellenza.
Si trattava della classica bottega con un grande valore sociale: un’ambientazione di scambio, un luogo conviviale, un generatore di cultura, un forgiatore di qualità. Gli articoli erano quelli di quei piccoli negozietti in cui, in uno spazio ridottissimo, si riusciva a trovare qualunque cosa e la cui proprietaria era uno dei punti di riferimento dell’economia del paese o quartiere. In quel valore sociale i fratelli Cherchi credono ancora oggi. Non si sono mai distaccati da questi ideali, nonostante i tempi e le modalità siano cambiate nel tempo. Oggi, ci sono cinque botteghe e quattro fratelli, tre maschi e una femmina. Oltre a Monserrato, li troviamo a Selargius, al box 194 del mercato di San Benedetto a Cagliari, nella Salsamenteria, aperta a fine 2017 e, recentemente, anche al bistrot lungo il Poetto.
Le travi portanti del loro mestiere sono sempre state la ricerca e la selezione della materia prima. D’altronde, come mi dice Michele “se sei stato allevato col senso della qualità e del gusto, non potrai che proseguire su quella linea”. Il concetto di bottega è divenuto così uno scrigno dal valore inestimabile, attorno al quale hanno costruito un mondo di eccellenze e di cultura (non manca la possibilità di fare book sharing).
Alla ricerca della qualità: come si riconosce un buon prodotto?
Quest’eccellenza deriva dalla rete che Michele ha costruito negli anni con i piccoli produttori, sardi ma non solo. Alla base, c’è la conoscenza del produttore, che dovrebbe anche essere ciò che guida il consumatore alla scelta di un formaggio piuttosto che un altro.
Qual è la prima cosa che dovremmo chiederci prima dell’acquisto? No, non è il prezzo. Sarebbe bene domandarci qual è l’origine degli alimenti: la zona di produzione, chi è il produttore, cos’hanno mangiato gli animali, com’è il terreno in cui hanno vissuto.
Mangiare sano e biologico va oltre le mode, dovrebbe essere frutto dell’informazione. Vedo nel banco di Michele, ad esempio, i formaggi di piccole aziende che conducono l’allevamento come un tempo e che promuovono l’alimentazione naturale degli animali.
“Il consumatore dovrebbe tenere conto anche dell’aspetto sociale: chi produce quel formaggio? Un produttore? Una cooperativa? Un’industria? In ognuno di questi casi, l’approccio sarà differente.”
Diamo al pecorino quel che è dei pecorini: il plurale. E l’identità!
Michele è stato anche un pioniere del termine “pecorini sardi”. Per logiche semplicistiche di mercato, siamo abituati a utilizzare il termine “pecorino”, che però è generalista e sembra voler escludere la moltitudine di formaggi a latte di pecora che sono invece presenti sul territorio sardo.
“Abbiamo spinto perché si parlasse al plurale: il pecorino di Tula, di Osilo, di Ozieri, di Pattada, di Fordongianus, di Gavoi. E poi, ancora, il pecorino di Gavoi di “tizio”, di “caio”, eccetera. Abbiamo iniziato a chiamare per nome e cognome i pastori, gli abbiamo dato un volto e l’abbiamo dato anche alla produzione, associandola così a una persona. È così che si fidelizza un cliente e si fa diventare un prodotto quello del cuore. La differenza fra ognuno di questi pecorini è il territorio, che ha un aspetto fondamentale, ma anche il savoir faire. Infatti, il primo incide in maniera sostanziale, perché comprende l’alimentazione e il benessere dell’animale. Ma influenza, ovviamente, anche la mano dell’uomo, che è il fautore della trasformazione del latte. L’uomo deve essere il custode della ricchezza, e deve saperla preservare.”
Il banco di formaggi che è un inno alla Sardegna, ma non solo
Non solo pecorini, da Michele troviamo anche altre prelibatezze, come il casizolu (della zona di Paulilatino e Santu Lussurgiu), il greviera di Ozieri (sviluppato grazie al confronto con gli allevatori svizzeri), i caprini classici semi cotti o quelli innovativi come il biancospino e l’ircano (caciotta a pasta cruda).
E poi, c’è tutto un mondo di ricerca oltre mare, tra il resto delle regioni Italiane e il meglio delle produzioni Europee, con una selezione da far venire l’acquolina in bocca a chiunque.
E mentre Michele comincia a preparare il mio tagliere, gli chiedo incuriosita quale sia il suo formaggio preferito. “L’alpeggio – mi dice. – È la tipologia che mi emoziona di più, perché qui la variabilità del territorio, la stagione e l’ambiente danno l’impronta al gusto del latte, e quindi nella riuscita del formaggio. Diventa come un marchio a fuoco: cambia l’anno e cambia il risultato finale.”
E in Sardegna?
“Dipende dal momento e dallo stato d’animo, come da ciò che devo fare. Ogni momento ha il suo formaggio”.
Su Cheese, il tagliere di formaggi che ricorda il sushi
Ed eccolo lì, il mio tagliere. Una delle creazioni più interessanti del panorama gastronomico cagliaritano è Su Cheese, un marchio registrato proprio da I Cherchi, che prevede un tagliere di alcuni pezzi di formaggio utilizzati come base, conditi con un’emulsione e sopra i quali vi è un salume crudo. Mentre afferro le bacchette di legno per mangiarli e mi perdo nel gusto dei diversi pezzi, lascio che Michele me li racconti.
La base è una quenelle a base di pasta di caprino a coagulazione acida e presamica, con una percentuale di ricotta di pecora, la quale dona una maggiore scioglievolezza. È un prodotto creato esclusivamente per I Cherchi da Argiolas Formaggi. L’abbinamento viene fatto con salumi sempre diversi, ma studiati appositamente e rigorosamente crudi. Il motivo? Per strizzare l’occhio dal punto di vista produttivo al piatto del sol levante. I miei su cheese sono così composti:
Olio evo con mustela di Samatzai; olio evo, limone e zenzero con fiocco di Mannale; salsa di soia con guanciale di Samatzai; aceto balsamico con capocollo di Michelangelo Salis.
Ho le papille in visibilio. È un viaggio gustativo che attraversa territo